Il RESPIRO nella prospettiva Taoista

Il respiro alchemico taoista
Per comprendere il significato originario di “respiro” bisogna comprendere con che ruolo esso si inserisse nelle pratiche del Taoismo.
L’idea che sottende il Taoismo è la ricerca della Via, il Dao, intesa come unione e ricongiungimento. Il ricongiungimento è dell’uomo con la sua natura primordiale.
Nella cosmologia Taoista, prima della manifestazione della realtà vi era il WuJi, uno stato di vuoto, intendendo il vuoto non come assenza materiale ma come “assenza di polarizzazioni” o differenziazioni.
La prima manifestazione di qualità opposte (di natura Yin e Yang) ha originato il TaiJi, la “suprema polarità”, la divisione da cui origina tutto ciò che ci circonda nelle sue diverse densità, compreso l’essere umano stesso.
Non vi è nessuna creazione da parte di un’entità, ma solo l’avvio causato da un’intenzione primordiale di un processo che genera il movimento, ovvero la continua trasformazione ciclica di Yin e Yang. L’uomo non ha un ruolo esterno a tale manifestazione, ma ne è parte integrante e come tale rispecchia entro sé tutte le trasformazioni che avvengono in natura.
Si ritrovano nell'essere umano i rapporti che regolano i 5 elementi, ciascuno identificato da un organo, così come l’energia che alimenta lo spirito. Durante il ciclo di vita dell’uomo, il concepimento è il momento in cui vi è la massima purezza di Jing (essenza) e Qi (energia, respiro); dall'atto della nascita questa purezza viene continuamente corrotta dall'interazione col mondo circostante fino all'esaurimento, che porta alla morte.
Gli sforzi dell’essere umano dovrebbero quindi essere votati ad evitare la dispersione e il deterioramento della propria essenza, in modo da prolungare lo stato di salute, armonia e benessere fino al raggiungimento ideale dell’immortalità.
La purificazione di Jing e Qi permette inoltre all'adepto di alimentare ed elevare Shen, lo Spirito, «l’anima» che dà modo al corpo di manifestarsi. Elevare Shen vuol dire raggiungere il Vuoto, l’unità con l’energia primordiale dell’Universo, ponendosi al di sopra del ciclo di continua generazione e distruzione che caratterizza la vita e la morte.

Alchimia: origine del termine
La ricerca Taoista mirava ad ottenere dei metodi di trasformazione che permettessero di recuperare l’integrità di Jing e la purezza di Qi posseduti nello stadio prenatale; da qui l’utilizzo del termine
Alchimia, che in alcuni testi viene addirittura fatto risalire etimologicamente ad una antica parola della Cina del Sud: Kim-I o Chin-Je, da cui poi il termine arabo Al Kimiya (il termine indicava una scienza, la spagirica, dedita a comporre e scomporre sostanze vegetali e minerali).
La “trasformazione” poteva essere relativa a sostanze materiali che con procedimenti fisico-chimici venivano condensate in elisir (WaiDan, Alchimia Esterna o Exoterica), oppure relativa al respiro, che con le giuste tecniche poteva essere trasformato in respiro interiore (primordiale o embrionale), il respiro tipico della fase prenatale. Questo processo caratterizzava l’Alchimia Interna o Esoterica (NeiDan).

Il respiro: come coltivarlo
L’estratto analizzato dal Vol. XXX del 道藏 Dào Zàng del 400 d.C. riporta il percorso di lavorazione per arrivare a padroneggiare l’arte del Respiro.
Dapprima occorre imparare a controllare il respiro; ciò si ottiene esercitandosi a trattenerlo contando fino a 100, 1000, 5000
Trattenere il respiro ha il significato di non disperdere il proprio Qi.
Per questo scopo quindi ci si deve trovare in una condizione rilassata, sdraiati al di sopra del livello del pavimento (dove scorrono gli spiriti che possono causare squilibri), preferibilmente nell'orario di mezzanotte o attorno alle 4 del mattino, e in seguito all'inspirazione occorre chiudere tutte le porte attraverso cui l’energia può uscire: bocca, mani (i pugni vanno stretti come fa il feto all'interno dell’utero per chiudere i punti LaoGong) e piedi (punti YongChuan).

In questo modo ci si abitua a non disperdere. Più lungo è il tempo in cui si riesce a mantenere il controllo, migliore è il livello di pratica. L’effetto prodotto è il riscaldamento del corpo e l’aumento della sudorazione. La lingua si pone verticale sul palato “come una colonna”, e la salivazione aumenta permettendo di sciacquare tutta la bocca. La saliva viene definita il Succo di Giada, e al pari del respiro costituisce un nutrimento molto importante in grado di irrorare gli organi. Lo scopo di questo allenamento è prepararsi ad “inghiottire” il Respiro.

Quando si è pronti a fare ciò, allatto dell’inspirazione con la mente bisogna guidare il respiro interiore che parte dal Dantian per farlo risalire; nell'espirazione il respiro deve essere trattenuto chiudendo le uscite come prima descritto. Questo farà rigonfiare la bocca, e permetterà di ingerirne il contenuto per condurlo nel basso ventre.
I testi descrivono che con lungo esercizio tale precorso sia distintamente percettibile attraverso dei suoni caratteristici che il respiro provoca nel suo passaggio verso il Dantian. Il respiro dovrà successivamente essere guidato a risalire fino al Dantian superiore.

Si parla di “grande ottenimento” quando il praticante riesce a compiere fino a 360 di queste deglutizioni in una notte.
In questo stadio lo Spirito viene nutrito, e diventa superfluo provvedere al sostentamento con cibo fisico. Allenarsi a non disperdere il respiro aiuta a renderlo più puro.
La capacità di nutrirsi di respiro consente di curare sé stessi indirizzandolo tramite l’intenzione verso la parte del corpo malata; ripetendo l’operazione numerose volte si descrive come fosse possibile recuperare l’armonia fisica. La guarigione poteva anche essere indotta ad altri trasmettendo il proprio respiro.

Oltre ad essere trattenuto, il respiro poteva essere dissipato per eliminare energie negative.
Si riportano 6 tipi di espirazione diversi (420-589), ciascuno legato ad un suono e ad una funzione.
1.Il respiro XU appartiene al FEGATO
2.Il respiro HE appartiene al CUORE
3.Il respiro HU appartiene alla MILZA
4.Il respiro SI appartiene ai POLMONI
5.Il respiro CHUI appartiene ai RENI
6.Il respiro XI appartiene al SAN JIAO

La costante pratica di queste tecniche porta al fluire sempre più libero del respiro nel corpo, fino a ricreare il respiro originario che si fissa nel Dantian inferiore riportando la giovinezza.
Il respiro si trasforma in sangue, il sangue in essenza, consentendo di invertire il processo di invecchiamento.
Entro 10 anni questo tesoro è in grado di rendere perfetto il corpo e immortale lo spirito, riunificando la forma e il contenuto.
“Quando il respiro interiore non esce e l’aria esterna non entra, non si sentirà più caldo né freddo; nessuna spada potrà ferire. Così trasformato e asceso, si otterrà una lunga vita identica a quella dei tre splendori (sole, luna e stelle). Si diventa assolutamente inesauribili.”

In questo stato di completezza gradualmente non si prova più il desiderio di cibarsi; viene naturale smettere di mangiare, così come viene naturale condensare il respiro nel DanTian senza dover più seguire rigide tecniche e tempistiche.
Il testo sottolinea come sia importante occuparsi di queste pratiche di benessere il prima possibile; la maggior parte degli uomini si rivolge alla cura del respiro solo in caso di malattia ed età avanzata, quando ormai le funzionalità sono troppo compromesse.
L’invecchiamento, l’esagerazione nel cibo e nell'alcool, il sesso, disperdono l’essenza dell’uomo rendendo sempre più difficile e lungo il percorso di purificazione del respiro.

Osservazioni
Il respiro inizialmente viene trattato come l’atto di immissione ed emissione dovuto alla respirazione, poi si definisce come movimento di qualcosa di profondo che non deve necessariamente entrare ed uscire da naso e bocca, ma può essere ritenuto all'interno.
È difficile spiegare con chiarezza cosa sia il respiro; questo dipende dal fatto che nelle pratiche interne tale concetto deve essere intuito e sentito attraverso la pratica. La tecnica è rigida, cioè richiede di esercitarsi con grande precisione e costanza, ma il risultato non è una manifestazione definibile e misurabile, si percepisce grazie alla sensibilità che la pratica ha fatto sviluppare.
Questo problema si pone numerose volte quando le arti orientali incontrano il pensiero occidentale, abituato a definizioni astratte che descrivendo razionalmente un oggetto ne prendono di fatto le distanze.
Una situazione simile si verifica spesso quando i principianti delle pratiche interne iniziano a porre domande sul respiro: alla luce di quanto detto, qualsiasi spiegazione troppo descrittiva porterà a fraintendimenti ed errori.

copyright Andrea Zanconato, Sara Tecchio 2020


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